La carenza di Ferro ha effetti a lungo termine irreversibili sul neurosviluppo del bambino

Il deficit di ferro è la più comune carenza alimentare. Il 91% dei genitori non ha mai discusso con il proprio pediatra l’importanza del ferro nella salute del proprio bambino, nonostante essa possa essere causa di effetti irreversibili a lungo termine.

La carenza di ferro è il più comune deficit alimentare, ma solo il 65% dei pediatri ne consiglia la profilassi. Prevenirla significa evitare l’insorgenza di effetti irreversibili a lungo termine. Le Linee Guida elaborate dall’American Academy of Pediatrics ci forniscono delle chiare indicazioni.

Si stima che il 2-25% dei bambini sotto i 12 mesi abbia una carenza proprio nel periodo in cui la sua disponibilità è fondamentale per il corretto neurosviluppo. Essa infatti può esser causa dell’insorgenza di deficit cognitivi fino a 10 anni dopo. Il problema si amplia nei bambini dai 12 ai 36 mesi, ove l’incidenza tocca il 48%. La riduzione delle riserve di ferro nell’organismo, inoltre, aumenta l’assorbimento del piombo e ne rende difficile l’escrezione.

Se non correttamente trattato, uno stato ferro-carenziale può palesarsi sul piano clinico con un’anemia iposideremica. Essa si delinea nei bambini sotto i 12 mesi con una riduzione di 2 punti di emoglobina (Hb) rispetto alla media elaborata per età e sesso, e con una diminuzione dell’Hb >11 g/dl nei bambini fra i 12 mesi e 3 anni.

Maggiore attenzione deve essere posta nei nati pretermine.

L’8% delle riserve di ferro nel feto è acquisito nel terzo trimestre di gravidanza. Se ne deduce che al diminuire dell’età gestazionale aumenta la possibilità di andar incontro ad uno stato carenziale. Il rapido accrescimento post-natale e situazioni legate a pratiche mediche (es. ripetuti prelievi), possono incrementarne il rischio.

L’American Academy of Pediatrics, considerato il fabbisogno giornaliero di Ferro in relazione all’età del bambino, ha fornito delle chiare istruzioni. Queste non solo indicano ai pediatri quando è più appropriato introdurre l’integrazione di Ferro nella dieta del bambino, ma aprono anche alla possibilità di uno screening universale.

Per i bambini a termine allattati con latte materno, l’apporto di ferro è sufficiente sino al 4°- 6° mese, periodo nel quale è consigliato iniziare lo svezzamento. Un’adeguata assunzione di ferro dovrebbe essere raggiunta con l’introduzione degli alimenti dal 6° al 12° mese, ma spesso questo non avviene.

Per i bambini la cui alimentazione è composta da più del 50% dal latte materno, l’AAP consiglia di integrare dal 4° mese di vita 1mg/kg/die di Fe sino a quando il fabbisogno giornaliero non può essere raggiunto con la sola alimentazione. La supplementazione è altresì consigliata nei bambini da 6-12 mesi in cui non si raggiunge un adeguato introito giornaliero.

Questa indicazione non vale per i lattanti a termine allattati con formula se essa contiene la quantità giornaliera di ferro consigliata pari ad almeno 10-12mg/l.

I nati pretermine sono più suscettibili ad uno stato ferro carenziale.

L’AAP consiglia l’integrazione di 2mg/kg/die di ferro per i nati pretermine allattati con latte materno a partire dal primo mese di vita.

Attenzione deve essere posta anche ai bambini di età compresa fra 1 e 3 anni, nei quali l’apporto di ferro giornaliero pari a 7 mg/die deve essere raggiunto con la dieta. L’integrazione può essere considerata qualora se ne reperti la carenza.

Le Linee Guida AAP, data l’importanza del ferro e l’incidenza degli stati ferro-carenziali, paventano la necessità di introdurre uno screening universale. Il dosaggio dell’emoglobina ad un anno di vita assieme alla valutazione del rischio tramite questionario standardizzato, dovrebbero essere degli strumenti impiegati di routine in concomitanza con il 12° mese di vita del bambino.

Take home message

La carenza di ferro incide nella popolazione pediatrica portando con sé effetti irreversibili a lungo termine. La problematica non è oggetto di confronto fra genitori e pediatri, i quali spesso non ne consigliano la profilassi. Integrare nella dieta del bambino il ferro, specialmente nei periodi di vita più vulnerabili, è necessario sia per il corretto neurosviluppo che per evitare il progredire verso una condizione di anemia iposideremica.

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