Circa 10 milioni ogni anno le donne che soffrono di vulvovaginiti. Nonostante il dato sia sottostimato, tali disturbi costituiscono la prima motivazione di consulto medico-ginecologico. Ripristinare la microflora vaginale alterata è un’ottima strategia di trattamento e prevenzione delle recidive.
Le infezioni di vulva e vagina sono disturbi molto frequenti. Per capire le dimensioni del problema, basti pensare che circa il 75% delle donne ha almeno un episodio di candidosi genitale nel corso della vita. La prevenzione assume notevole importanza.
Le vulvovaginiti sono infiammazioni di natura infettiva o non infettiva. Nell’ambito di quelle causate da microorganismi, si distinguono infezioni specifiche (Candida, Clamidia, Trichomonas ecc.) ed infezioni aspecifiche. Quest’ultime, chiamate vaginosi batteriche, sono infezioni polimicrobiche.
Solitamente autolimitanti, non sono sempre innocue. Diversi studi hanno correlato le vulvovaginiti infettive ad un maggior rischio di Malattia Infiammatoria Pelvica (PID), gravidanza ectopica, aborto spontaneo, parto pretermine e compromissione della fertilità. Trattarle efficacemente significa evitarne le complicanze.
L’alterazione dell’ecosistema vaginale è alla base delle vulvovaginiti
La specifica conformazione anatomica dei genitali esterni, la frequenza dei rapporti sessuali, deficit immunitari e manovre diagnostiche, costituiscono i principali fattori di rischio. Anche situazioni fisiologiche come gravidanza e parto rendono la donna più suscettibile. Inoltre, l’alterazione dell’ecosistema vaginale gioca un ruolo cardine.
La vagina è normalmente colonizzata da batteri. Essi formano il microbiota vaginale, composto al 90% da lattobacilli. La valutazione quantitativa dei lattobacilli è un indice dello stato di salute della microflora vaginale.
L’alterazione del microbiota vaginale influenza lo stato di salute
La disbiosi (alterazioni della microflora vaginale) espone la donna a maggior rischio di contrarre infezioni vaginali o ureterali sintomatiche e malattie sessualmente trasmissibili, nonché di andare incontro a parto pretermine. Si caratterizza per una diminuzione del numero dei lattobacilli ed una proliferazione di batteri patogeni.
Lo stato di salute del microbiota vaginale è un elemento prioritario da valutare in corso di terapia. Sebbene efficaci nel breve periodo, l’uso isolato degli antimicrobici non basta. La crescente farmacoresistenza di alcuni ceppi batterici e l’alto numero di recidive sul lungo termine impongono la necessità di adoperare altre strategie.
Quali sono le terapie efficaci?
Accostare un probiotico alla terapia antibiotica o antimicotica o somministrarlo come unica strategia terapeutica può essere una valida alternativa. Diversi studi hanno dimostrato l’efficacia di specifici probiotici nel trattamento delle vulvovaginiti infettive. Essi impediscono l’aderenza dei patogeni all’epitelio vaginale e producono sostanze battericide.
La somministrazione orale o vaginale di L. rhamnosus GR-1 e di L. reuteri RC-14 è una strategia efficace per migliorare la riuscita del trattamento delle vulvovaginiti infettive.
E’ stato dimostrato che la somministrazione orale di L. rhamnosus GR-1 e L. reuteri RC-14 determini la colonizzazione vaginale. Questi due Lattobacilli contribuiscono a mantenere lo stato di benessere della microflora.
I probiotici sono alleati per combattere le vulvovaginiti
Le vulvovaginiti sono un problema frequente e fonte di disagio per la donna. La salute della microflora vaginale influenza l’insorgenza di disturbi di natura infettiva. Per coadiuvare l’azione farmacologica dei trattamenti antimicrobici utilizzati, è utile valutare l’inserimento in terapia di un probiotico. Il L. rhamnosus GR-1 ed il L. reuteri RC-14 sono probiotici risultati efficaci nel coadiuvare il trattamento delle vaginosi batteriche e nella prevenzione delle recidive.
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